CONTIGLIANO- Rt- Collegiata di S. Michele, Piazza Vittorio Emanuele II
La chiesa è stata eretta nel 1563 su progetto di Giovanni Antonio De Rossi. Sull’altare maggiore si trova un’edicola in legno dorato, contenente una pala che raffigura la Madonna del Rosario, attribuibile alla scuola umbro-marchigiana del XVIII secolo. Di notevole pregio il piccolo ciborio in legno scolpito disegnato da Gregorini e dipinto in oro da Vincenzo Fabrisci da Caprarola. All’esterno, oltrepassata la Porta de’ Santi, è possibile visitare la Cripta della Colleggiata, risalente al XVII secolo.
L’interno ad unica, grande navata, è splendidamente decorato con stucchi barocchi del XVIII secolo. La decorazione della navata di buon livello qualitativo sembra essere opera di Carlo di Giova Battista Casetti. Gli stucchi della volta dovevano essere in principio coperti da dorature, come quelle che si possono ammirare nella calotta dell’abside, ma i lavori non furono mai portati a termine. Su entrambi i lati si aprono tre cappelle gentilizie, ognuna delle quali riporta lo stemma della famiglia committente.La prima cappella sulla destra, è dedicata ai Santi Francesco e Filippo Neri, la seconda cappella a San Giuseppe, la terza Madonna del Rosario. Ai lati spiccano due portali di stucco dorato e dipinto da autore ignoto, mentre l’altare barocco, di intonaco dipinto con stucchi decorati, è forse opera di Michele Chiesa. Sull’altare si trova anche un edicola di legno scolpito, intagliato e dorato e dietro di essa una pala in olio, che raffigura la Madonna del Rosario, probabile opera della scuola umbro-marchigiana del XVIII secolo. Nel lato sinistro della navata invece, la prima cappella è dedicata a San Vincenzo con la pala con un miracolo di S. Vincenzo Ferreri, opera del pittore napoletano Onofrio Avellino. La seconda cappella è detta dello Spirito Santo e forse è appertenuta alla famiglia dei Tiberi. La terza cappella invece è dedicata al Santissimo Sacramento con un altare barocco disegnato da Michele Chiesa nel 1730. All’interno c’è anche un piccolo ciborio in legno scolpito disegnato da gregorini e dipinto in oro da Vincenzo Fabrisci da Caprarola.
Contatti: Comune di Contigliano, web: http://www.comune.contigliano.ri.it/
Monte San Giovanni- Rt- Monte Tancia
Sulla strada per Poggio Catino, dopo la frazione di Gallo Monte Cavallo, si incontrano sulla sinistra i resti dell’Osteria medioevale del Tancia. In età romana l’asse principale delle transumanze tese a spostarsi verso il Tavoliere e la testimonianza di Varrone, che era un grande proprietario di ovini, ricorda come alla sua epoca le greggi scendevano fino in Puglia dal Reatino, in considerazione del fatto che la gran parte dei pascoli invernali della valle del Tevere, della Tuscia e della Campagna romana erano ormai ridotti a coltura e quindi scarsamente utilizzabili per la pratica della transumanza. La via del Tancia, controllata dai 2 castelli di Tancia e di Fatucchio, era la principale via di collegamento tra la conca reatina e la valle del Tevere, intensamente frequentata dai pastori che praticavano la transumanza e dai mercanti anche con la riduzione della transumanza.
Il santuario ebbe certamente una fase pre-cristiana di cui è difficile fornire un terminus post-quem , per mancanza di attestazioni letterarie. Il culto era documentato dalla presenza in fondo alla grotta di una scultura di una divinità femminile scolpita in una stalattite, affiancata da due vaschette destinate ad uso cultuale, anch’esse scavate nella roccia. Secondo alcune ipotesi la statua potrebbe essere identificata con una divinità locale o con la dea Vacuna, la cui venerazione è ben attestata in Sabina da epoca romana e preromana, come dimostrano i resti di un tempio a lei dedicato poco distante dal Tancia, a Cerchiara, e la menzione dei Vacunae nemora da parte di Plinio. Tale manufatto è stato purtroppo oggetto di atti vandalici negli anni ottanta del secolo scorso, per cui a tutt’oggi non è più visibile, ma ne abbiamo descrizioni e restituzioni fotografiche risalenti agli anni Sessanta del XX sec.
Non molto distante dalla grotta, ma più difficilmente accessibile, è la Rocca di Tancia. Come il vicino castello di Fatucchio, sorse nel X secolo su una delle cime del Monte Tancia sotto il controllo dell’Abbazia di Farfa; di entrambi restano oggi soltanto i ruderi, su cui la natura ha il sopravvento in uno scenario di rara bellezza e intensità.
S. Michele a Monte Tancia è un santuario rupestre situato sulle pendici occidentali del monte Tancia (monte alto circa 1280 m fra il Velino e il Tevere, fra Rieti e s. Maria di Farfa), in provincia di Rieti, comune di Monte san Giovanni in Sabina, ed è raggiungibile soltanto a piedi attraverso un sentiero pietroso e una ripida scalinata che conduce sulla cima di una parete rocciosa che si staglia a metà altezza del monte. La grotta è lunga circa 15 m. e alta all’ingresso 2 m., ma gradualmente digrada verso l’interno, fino a raggiungere gli 80 cm nella parte più bassa. La grotta di S. Michele Arcangelo è una cavità naturale che l’acqua nel corso dei millenni ha scavato su una parete di roccia calcarea; al suo interno l’ambiente principale si restringe in anfratti tortuosi in cui si trovano stalattiti, stalagmiti e concrezioni di altre forme. Il carsismo è tuttora in corso come si deduce dalla presenza di piccole escrescenze umide sulla volta e sul pavimento; la grotta è viva e l’acqua, complice il tempo, continua la sua opera millenaria .Entrando si nota subito l’altare sovrastato dal ciborio costituito da due colonne, dai rispettivi capitelli che sostengono la copertura a timpano.
Il ciborio, voltato nella parte inferiore, è rivestito da due strati di affreschi, di cui l’ultimo e meno pregevole è una ridipintura del precedente. Sull’archivolto del ciborio il busto del Cristo è circondato dai simboli apocalittici dei quattro evangelisti, mentre sul fondo della lunetta, al di sopra dell’altare si intravvede l’immagine della Madonna con il Bambino; l’Agnus Dei è affrescato invece sulla fronte del ciborio, con ai lati probabili immagini di profeti che si inchinano reverenti, pur se gli storici dell’arte non sono troppo in sintonia sulla ricostruzione dell’iconografia di S. Michele.
Sia l’altare che il ciborio e gli affreschi dello strato inferiore possono essere ragionevolmente datati alla seconda metà dell’XI secolo, non a caso le fonti farfensi ricordano l’altare che Berardo i progettò di far ricostruire dopo la profanazione del vescovo Giovanni.
Sulla parete della grotta, verso la finestra che illumina fiocamente l’ambiente, ancora affreschi bassomedievali una Vergine Maria con il Putto, un S. Michele splendente nella sua corazza dorata.
Contatti: Comune di Monte San Giovanni in Sabina, web: http://www.comune.montesangiovanniinsabina.ri.it/joomla/index.php